Racconti. Alice Munro e Raymond Carver di Antonio Trimarco

Alice Munro

“I romanzi lunghi scritti oggi forse sono un controsenso: la dimensione del tempo è andata in frantumi, non possiamo vivere o pensare se non spezzoni di tempo che s’allontanano ognuno lungo una sua traiettoria e subito spariscono.” Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore, 1979
Partiamo da questa provocazione di Calvino per parlare di due autori che hanno fatto del genere breve la loro scrittura.Alice Munro è nata nel 1931 in Canada, Raymond Carver è nato invece nel 1938 negli Stati Uniti. Entrambi, pur provenendo da famiglie comuni, più umile quella di Carver, hanno sviluppato e si sono appassionati di letteratura e scrittura fino a diventare punti di riferimento importanti di un genere e di uno stile narrativo poetico e fotografico che descrive vite e persone comuni del loro tempo.
“Il racconto è una composizione narrativa in prosa, relativamente breve. Per quanto riguarda la lunghezza, esso può essere di 1-2 pagine, definito racconto brevissimo o di una decina di pagine, per cui si parla di racconto breve; oltre la trentina si inizia a parlare di racconto lungo, o più frequentemente di un romanzo breve. Proprio a causa delle sue ridotte dimensioni, il racconto richiede un’attenta misura nei dettagli e comporta necessariamente alcune caratteristiche strutturali. Un racconto presenta un’unica trama che ruota attorno a un solo evento principale; presenta e approfondisce pochi personaggi e non sviluppa molti intrecci. Tutto questo è dato dal fatto che un racconto nasce quando si vuol narrare il verificarsi di un evento: è la fotografia di un fatto, realistico o fantasioso, che solitamente viene scritto a fini di semplice divertimento o con intenti allegorici o altro. I personaggi e lo scenario (tempo e luogo) sono ben espressi in poche righe; possono essere presenti dei dialoghi che aiutino a vivacizzare il racconto. Dopo lo svolgimento della storia si ha sempre un finale, inaspettato o meno e talvolta può essere presente il cosiddetto “finale aperto“ (di Marina Mancusi).

Raymond Carver nella sua casa. (Edited in Prisma app with Daryl Feril)

Per avvicinarci a questi due autori ho scelto due racconti: Il “Cowboy della Walker Brothers” della Munro e “Perché non ballate?” di Carver.
In entrambi i racconti il protagonista è un uomo, in entrambi i racconti la storia si snoda intorno a una giornata della loro vita, una giornata sicuramente particolare.
Nel racconto della Munro l’uomo porta con sé i figli nel suo giro quotidiano da rappresentante e la figlia fa da voce narrante.
L’uomo vorrebbe che anche la moglie andasse, ma lei preferisce rimanere a casa a “riposare”.
Capiterà così (per caso?) da una vecchia amica che vive con la madre, l’amica si farà bella e metterà una musica in onore del loro incontro “fammi ballare Ben…”. La figlia è incuriosita e osserva ciò che accade, poi con il suo fratellino e il padre risalgono in macchina per tornare a casa “mio padre non mi dice di non parlare di quello che è successo ma lo so da me…”.
Nel racconto di Carver l’episodio ha invece uno spunto surreale, il protagonista decide di mettere in mostra nel proprio giardino l’arredo della propria camera da letto.
Ci sono i comodini e le lampade “…dalla parte di lui e dalla parte di lei” lui osserva il tutto bevendo un “whiskey”.
Una giovane coppia è incuriosita da quella singolare esposizione e vuole acquistare qualcosa, ma l’uomo li invita a ballare.
Ballerà lui stesso con la ragazza e “lei si sentì piena di una insopportabile felicità”.

Short stories con “un che” di inquietudine che trapela dall’incedere delle parole che leggiamo, sguardi su vite accennate e incerte che fanno sentire afflati e distanze, paure, speranze, gioie e difficoltà dell’esistenza quotidiana,
“… andiamo a vedere se il lago c’è ancora”. 

Le raccolte che contengono i due racconti proposti sono:
Alice Munro “Danza delle ombre felici” Einaudi;
Raymond Carver “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore” minimum fax.

Sui due autori:

https://www.mondadoristore.it/13/10/alice-munro-nobel-letteratura/

Raymond Carver

https://www.filodiritto.com/raymond-carver

https://www.minimumfax.com/autore/raymond-carver-1325

AYODELE LA FIGLIA DEL CUORE. RECENSIONE DELL’ULTIMO LIBRO DI RITA CHARBONNIER.

“A Sara e Ayodele sorgenti di questa storia” Rita Charbonnier

Nel suo ultimo libro “Figlia del cuore” Rita Charbonnier ci racconta in modo appassionato e affascinante una storia che tocca temi attualissimi e delicati. 
Una storia d’immigrazione, accoglienza, integrazione sociale e culturale ed allo stesso tempo di famiglie, maternità, affido familiare.
Ayodele è una bambina nata in Italia da genitori nigeriani giunti nel nostro paese sui barconi della tragedia e della speranza e sarà lei con le sue parole a raccontarci la sua storia.
Così quando la incontriamo ci narra che  “tremilasettecentosettanta giorni fa” abitava con padre e fratello “in un casermone pieno inzeppato di suore … e soprattutto di sfigati come noi… C’era il mondo, là dentro …”
Poi interviene lo Stato con i servizi sociali e Ayodele e il fratellino vengono affidati con il consenso del papà a Sara e Linda due amiche single.
Così la protagonista inizia un nuovo viaggio nel mondo dell’affido familiare.
Non sarà un viaggio facile perché nonostante la cura, l’attenzione e l’amore di Sara, Ayodele non capisce cosa le sta accadendo e perché è costretta ad un cambiamento di vita per lei così radicale che la porta in una realtà incomprensibile: “C’erano persino due bagni , in quella casa, e mi pareva un altro spreco, due bagni per una persona sola, e pure le camere da letto erano due”.
Inoltre Sara era la donna delle regole ma per fortuna c’era la sua mamma, Nonna Angela “Con lei si … mi trovo bene …” dice Ayodele, con lei la bambina impara anche a fare dolci e questo le piace molto.
Ma tutto ciò lo leggerete con interesse e piacere nel libro perché Rita Charbonnier lo scrive con dolcezza e leggerezza e il racconto ci scorre sotto gli occhi senza che si riesca ad abbandonare la lettura.
Un libro che trae spunto da una storia vera, che affronta senza timore questioni fondamentali che attraversano la nostra società.
L’integrazione multiculturale, la famiglia, i diritti civili di adulti e bambini. 
Con questo romanzo la Charbonnier dà prova di saper creare un’opera letteraria che affonda le radici nella nostra realtà affrontando temi che sono motivi di riflessione, ma anche di opposte visioni. 
La sua risposta è semplice ma di grande profondità. L’amore, l’affetto e la capacità di vicinanza sono le ricette. Le spiega Nonna Angela ad Ayodele con queste parole: “ci sono due tipi di figli, quelli della pancia e quelli del cuore, e che sono tutti figli lo stesso. … una mamma può essere mamma della pancia, del cuore o anche di tutti e due”.
Ayodele seguendo questo filo ha avuto due mamme, una della pancia e del cuore che purtroppo è scomparsa e Sara che è la mamma del cuore.
Anche il fratellino di Ayodele, Obani ci dà una chiave importante quando ci dice: “La famiglia è un cerchio che diventa un cuore”.
Non vi diciamo come finirà la storia dell’affido di Ayodele e Obani perché la scoprirete leggendo questo libro che consiglio a tutte e a tutti, anche agli adolescenti.

“Figlia del cuore” è un romanzo scritto da Rita Charbonnier e pubblicato dalla casa editrice Marcos y Marcos, nella collana Gli Alianti.

Recensione di Antonio Trimarco

Su Rita Charbonnier: https://www.ritacharbonnier.it/

Presentazioni on line del libro:

“Figlia del cuore” a Pinerolo. Naturalmente, online

https://www.facebook.com/watch/?v=292763618729963

Pillole d’autore. Intervista a Rita Charbonnier di Donatella Zapelloni

Biblioteca comunale Elsa Morante di Ostiahttps://www.youtube.com/embed/-FQXeB_29FQ?feature=oembed

“Figlia del cuore” ospite di Frammenti Rivista

https://www.facebook.com/watch/?v=294206918696160

Il diavolo a Mosca. Recensione del Maestro e Margherita.

Maestro e Margherita
Il Maestro e Margherita

“Se non ho sentito male, lei stava dicendo che Gesù non è mai esistito?” chiese cortesemente lo straniero. “No, non ha sentito male” disse Berlioz. Ah, com’è interessante!, e, scusate se sono importuno, voi oltretutto non credete neppure in Dio? – fece gli occhi impauriti e aggiunse – giuro che non lo dirò a nessuno”. “Sì, noi non crediamo in Dio, siamo atei – rispose Berlioz sorridendo della paura del turista straniero – ma se ne può parlare con assoluta libertà”. A questo punto il forestiero si alzò e strinse la mano all’allibito direttore dicendo: “Permetta che la ringrazi di tutto cuore dell’informazione che per me, viaggiatore, è eccezionalmente interessante! – e lo straniero volse lo sguardo impaurito alle case attorno, quasi temesse di vedere un ateo ad ogni finestra – ma ecco il problema che mi turba: se Dio non esiste, allora, mi domando, cosa dirige la vita umana e in generale tutto l’ordine della terra?” “L’uomo stesso li dirige” si affrettò a rispondere Bezdomnyj irritato. “Chiedo scusa – replicò dolcemente lo sconosciuto – ma per dirigere bisogna per questo avere un piano preciso per un periodo di tempo almeno rispettabile. E come può dirigere l’uomo, se non soltanto gli manca la possibilità di fare un piano anche per un periodo di, poniamo mille anni, ma non può disporre neppure del proprio domani? Immagini che lei, ad esempio, cominci a dirigere, a disporre di sé e degli altri, insomma a prenderci gusto, quando improvvisamente le capita… eh… eh… un sarcoma al polmone – e lo straniero socchiuse gli occhi come un gatto – ed ecco che tutto il suo dirigere è finito! Nessun destino, a parte il suo, le interessa più. I parenti cominciano a mentirle mentre lei si precipita prima dagli specialisti, poi dai ciarlatani, se non addirittura dalle chiromanti. E alla fine, colui che s’immaginava di dirigere qualcosa si trova a giacere in una cassa di legno, e gli altri lo cremano in un forno. E capita anche di peggio! Uno ha appena deciso di andare in villeggiatura, un progetto da nulla, sembrerebbe, ma non può attuare nemmeno quello perché tutt’un tratto scivola e finisce sotto un tram!” disse lo sconosciuto strizzando l’occhio a Berlioz, che effettivamente aveva deciso di andare in villeggiatura.”

In questo brano iniziale del romanzo cogliamo già tutta la suggestione e l’intelligenza della scrittura di Bulgakov, è uno spettro che si materializza il diavolo che compare a Mosca in piena era comunista e nel suo manifestarsi, accanendosi in particolare sugli intellettuali, egli getterà la città nello scompiglio più totale.
Così Bulgakov ci racconta delle contraddizioni della rivoluzione comunista e della sua ideologia materialista, ” … come può dirigere l’uomo, se … non può disporre neppure del proprio domani?” in questa frase, del personaggio che impersona il diavolo, il prof. Woland esperto e maestro di magia nera,è racchiusa tutta la critica sottile e potente di questo scrittore.
Un libro da leggere e rileggere “Il maestro e Margherita” una storia che da Mosca a tratti ci trasporta in Palestina dove assistiamo alla Crocefissione di Gesù Cristo e alle contraddittorie emozioni di Ponzio Pilato in quella vicenda.
Scopriamo così nel corso della narrazione tre storie che si intrecciano dando forma al romanzo: le imprese del male a Mosca guidate dal Diavolo e dalla sua squadra di demoni, il dramma di Pilato e di Levi Matteo e l’amore disperato ma determinato e certo di Margherita per il maestro.

Un dramma sulle debolezze dell’uomo, sulle sue vere o false credenze, sull’esistenza del sovrannaturale, di Dio e sulla potenza dell’amore.
Un dramma dove assurdo, fantasia e realtà si mescolano regalandoci una storia e dei personaggi che riecheggiano in noi interrogandoci sul senso che tentiamo di dare alla vita. Sull’esistenza del divino, sul significato dell’amore, su cosa sono il male e il bene, sulle contraddizioni e le difficoltà delle nostre scelte, sull’assoluta incertezza del nostro essere.
Scagliandosi contro le convenzioni, che anche la patria del comunismo aveva rinnovato imitando l’etica borghese che voleva superare, Bulgakov fa una scelta di campo e premia Margherita e il suo amore.

“La prima edizione italiana fu pubblicata dalla casa editrice di Bari De Donato: uscì nel 1967 nella traduzione di Maria Olsoufieva. Sempre nel 1967 uscirono anche due edizioni Einaudi, nella traduzione di Vera Dridso: la seconda, uscita a luglio, fu la prima edizione integrale in tutto il mondo.” da ilpost.it

Bulgakov
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